Tema caldo quello del digitale e del suo sviluppo in ambito industriale: valutazioni e possibilità che possono aprire opportunità di business
La stampa industriale digitale è sicuramente un argomento affascinante e di grande attualità. Se ne parla ormai da qualche anno ma soltanto ora iniziano a delinearsi degli scenari concreti e offrire una visione realistica di sviluppo, Ma per chi? Viscom prima, ma soprattutto Inprint, hanno evidenziato infatti una certa confusione, non tanto sulle reali possibilità che la tecnologia offre, quanto sulle figure che in questo settore potrebbero trovare nuovi spazi di espansione e, forse, di business.
Ma procediamo con ordine. Cosa significa Stampa Industriale? La risposta più semplice sarebbe “quei processi produttivi/decorativi che per elevata produttività si indirizzano verso una produzione di massa, industriale per l’appunto”. In base a questa affermazione appare evidente che il destinatario della ricerca tecnologica siano le piccole medie industrie, le imprese artigiane, in parte anche la grande industria. Pensiamo ad esempio a una Fiat, che utilizza impianti digitali per creare decori ed elementi di finitura, dunque grandi numeri e una visione dell’impiego della tecnologia basato su un processo industriale e quindi integrato in un sistema verticale. Stesso esempio potrebbe valere per un’industria ceramica, per un produttore di complementi di arredo, di elettrodomestici, di carte da parati. È evidente, però, che in questo caso stiamo parlando di impianti in grado di sostituire sistemi analogici, con un grado di personalizzazione che viene auto-limitato dalle esigenze produttive.
Ed eccoci al punto fondamentale. Non è la stampa digitale che gli operatori della comunicazione visiva conoscono e utilizzano ormai da vent’anni, che si basa sulla grande versatilità, flessibilità e capacità di produrre on demand anche articoli in pezzo 1. È una stampa digitale che presuppone una capacità produttiva elevata, non basata sulla soddisfazione di un singolo cliente, ma abbastanza flessibile e versatile da consentire di sviluppare temi decorativi diversi con un numero “limitato” di soggetti. Due facce della stessa medaglia forse, o forse no. In queste settimane abbiamo avuto modo di confrontarci con diversi operatori del mondo digitale, e di fatto abbiamo colto che questa dicotomia è molto forte, e l’approccio a questi due mondi può essere di fatto molto diverso. Ecco perchè abbiamo pensato di fare una piccola distinzione, analizzando il settore della stampa industriale digitale in funzione del destinatario, cercando di evidenziare modi e metodologie, ma soprattutto cercando di cogliere le differenze più significative.
Il digitale che piace all’industria
Abbiamo accennato prima come il digitale, per entrare nel mondo dell’industria, debba diventare di fatto un’alternativa conveniente e competitiva all’analogico. Se dovessimo prendere in considerazione il mercato di una decina di anni fa, sicuramente questo raffronto non sarebbe possibile: troppa distanza, a livello produttivo e di costi. Ma soprattutto un mercato ancora strutturato sulla massificazione, e dunque sulla ricerca di una uniformità distintiva: “se sono come tutti gli altri mi distinguo”. Sembra un paradosso, ma in fondo se analizziamo la nostra vita quotidiana vediamo che è così: lo smartphone ultimo modello, il tablet, il giubbotto o la t-shirt di moda, il modello di scarpa o la forma del divano ci portano ad uniformarci agli altri, ci integrano nella società e dunque ci sentiamo accettati. E dunque l’offerta tende a essere massiva, ripetitiva, costante. Tuttavia, come succede per tutte le cose, anche le tendenze e gli stili di vita tendono a essere ciclici, e la domanda diventa l’elemento chiave per comprendere l’evoluzione del prodotto. Oggi lo smartphone continua ad essere trendy, ma lo posso personalizzare, magari con una cover unica; il divano ha la stessa forma ma posso dargli un tocco unico scegliendo tra diverse tipologie di rivestimento, e magari creando una texture su misura. Siamo nell’era della mass customization, e il digitale è sicuramente lo strumento più adatto a soddisfare questo bisogno. L’industria lo ha capito, e nel tempo abbiamo visti molti settori “convertirsi” al digitale, in sostituzione o meglio ancora affiancando l’analogico. Lo abbiamo visto nel mondo ceramico, in quello dei rivestimenti murali, degli elettrodomestici e dell’arredamento. Ognuno con tempi e modi diversi, ma tutti improntati ad aumentare la propria flessibilità sul mercato, soddisfare le esigenze della clientela ed essere competitivi rispetto alla concorrenza. Abbiamo chiesto a Paola Jannelli, responsabile creativa di Jannelli & Volpi, azienda storica nel mondo dei rivestimenti murali, di raccontarci il loro approccio al digitale. Ecco un breve estratto dell’intervista (articolo completo sull’edizione 05/2016 di Allestire): “… Procedendo con l’introduzione di sistemi digitali, il problema era quello di continuare ad utilizzare il digitale rendendolo però più produttivo, in quanto comunque è una tecnica con dei tempi molto più lunghi di produzione e con dei costi relativamente costanti che la rendevano quindi difficile da integrare in un’economia industriale: che io facessi 1 o facessi 100, il costo restava quello, e quindi anche a livello di ammortamento risultava più difficile da inserire all’interno del processo globale dell’azienda”. Primo aspetto: integrare il digitale in un’economia di scala tipicamente industriale.
“…A questo punto ci serviva, per migliorare ancora il processo, di industrializzarlo dal punto di vista della programmazione, perchè inserendolo nelle collezioni tu devi costruire un minimo di magazzino. In questo modo era possibile fare una programmazione in quantità, mirate, dedicando un tempo specifico alla produzione in digitale, facendo ad esempio un turno di notte dedicato, ma non stampando un pannello, ma stampandone 100, 200”. Secondo aspetto: l’integrazione di un sistema digitale non può avvenire solo per soddisfare le richieste del pezzo unico, ma per offrire in modo flessibile dei minimi di tiratura bassi e una maggiore personalizzazione. Due aspetti che crediamo siano alla base di ogni investimento da parte di un imprenditore industriale. Nel caso di Jannelli&Volpi il digitale non ha sostituito l’analogico, almeno per il momento, ma è diventato una risorsa integrata che sfrutta da un lato le risorse esistenti (le basi di stampa ad esempio, realizzate in rotativa), dall’altro ha richiesto uno sviluppo crea-tivo ad hoc per esprimere al meglio le potenzialità della tecnologia. Inoltre non stiamo parlando di una stampante, ma di un reparto produttivo in digitale. Questo ragionamento/approccio vale per ogni settore. Il digitale affianca o sostituisce l’analogico per alcune lavorazioni e produzioni, in alcuni casi semplificando il processo, in altri aprendo nuove prospettive. Ma stiamo parlando comunque di produzione industriale, non di produzione on-demand. Se mi occupo di box doccia, ad esempio, difficilmente baserò la mia produzione su singole commesse, ma potrò sfruttare il digitale per creare decori unici che caratterizzeranno le mie linee di prodotto: il cliente potrà scegliere, ma su disegni che sarà l’industria a proporre. A meno che il cliente non mi richieda 100, 1000, 10000 pezzi, magari per una catena di alberghi, e quindi potrò realizzare un disegno esclusivo senza dover rivoluzionare il mio ciclo produttivo. Il digitale consente questo.
Oppure
Fino ad ora abbiamo considerato l’industria come il produttore del bene da decorare/personalizzare e come autore della personalizzazione. In realtà potremmo pensare anche a un nuovo tipo di impresa, sul modello dei service di stampa molto diffusi nel mondo della comunicazione visiva; imprese in grado di fornire proprio un servizio di supporto all’industria, specializzato e competente su una tipologia di materiale o di prodotto, in grado sia di affiancare il produttore con una partnership delocalizzata o come servizio indipendente al cliente finale. Pensiamo all’esempio di prima dei box doccia: invece di proporre internamente il servizio di personalizzazione/decorazione, potrei avvalermi di uno o più partner esterni in grado non solo di decorare il vetro e dunque il mio prodotto, ma di fornire anche un servizio di sviluppo creativo. In effetti l’integrazione di sistemi digitali interni non è solo un problema di flusso produttivo, ma anche di formazione del personale, capacità creativa, possibilità di sviluppare e gestire un processo di sviluppo che spesso richiede tempo, risorse e capacità di colloquiare con figure professionali come architetti, designer e progettisti. Poter contare su uno specialista in questo tipo di sviluppo, consentirebbe di non distrarre risorse ed energie sull’attività primaria, e nel contempo soddisfare anche richieste specifiche. E questo consentirebbe anche di avere un servizio localizzato più vicino ai diversi mercati, soprattutto per chi opera in diversi paesi e continenti. Il mio box doccia può essere personalizzato in Brasile, in Germania o in Australia da un operatore locale, con un vantaggio anche dal punto di vista dei trasporti e dello sviluppo del prodotto stesso.
Il digitale come opportunità
Sempre all’interno di questo numero di Pubblitec abbiamo analizzato un esempio reale di come il digitale possa essere una grande opportunità anche per operatori non industriali. Ikea è forse il marchio di arredamento e design più conosciuto e diffuso nel mondo, ma non ha certo conquistato il pubblico per la sua offerta personalizzata. Ma la domanda c’era, e diversi imprenditori si sono attrezzati per offrire un servizio di personalizzazione dei diversi complementi Ikea sfruttando da un lato la propria conoscenza dei sistemi digitali, dall’altro la comodità di Internet per offrire un vero e proprio servizio on-demand.
In questo caso, però, possiamo ancora parlare di stampa digitale industriale? Forse no, ma di fatto si tratta di decorare e personalizzare prodotti industriali, e non tutti consentono di creare il proprio pattern personalizzato, ma di scegliere su un database (più o meno ampio) di elementi decorativi.
Uno degli aspetti più interessanti del connubio digitale/industriale è nel fatto che non si tratta di un mercato definito e univoco, come nella comunicazione visiva ad esempio: ogni settore, ogni tipologia di prodotto, ogni materiale, può essere infatti personalizzato, lavorato e decorato, e questo apre forse più un problema che un vantaggio. Se parliamo dei nostri service di stampa e stampatori del visual, normalmente ci riferiamo a piccole o al massimo medie imprese, abituate a essere flessibili, rapide nell’esecuzione del lavoro, ma non sempre attrezzate per soddisfare esigenze produttive “industriali”. Certo, ho la stampante, sono un esperto di colore, di immagine, conosco i materiali e gli inchiostri, posso realizzare lavori di qualità in tiratura bassa (anche singolo pezzo), ma sono in grado di fornire un’industria? Certo posso offrirmi al cliente finale o all’architetto per personalizzare un ambiente, decorare un punto vendita o realizzare campionature, ma potrei (per fare un esempio assurdo) realizzare le cover per tutti gli smartphone venduti dal trend-setter di mercato su scala nazionale? O di decorare in modo univoco ma coordinato gli arredi di una catena di negozi con centinaia o migliaia di filiali in tutto il mondo? Probabilmente no. O è possibile, ma modificando in modo sostanziale la propria attività, e specializzandosi su una tipologia ben chiara di prodotti/materiali. Questo non significa che stampatori e piccoli service non possono proporsi per questa tipologia di lavoro, ma devono tener ben presente che si tratta di un lavoro impegnativo, richiede un approccio diretto sia con la produzione di massa che con designer e architetti, e investimenti spesso molto importanti. Una via più semplice crediamo sia quella di non porsi direttamente in relazione con il mondo industriale, ma al servizio del cliente finale, sviluppando per lui quel servizio di personalizzazione che di fatto è la forza del nostro tessuto produttivo nella comunicazione visiva. Posso ad esempio dedicarmi alla decorazione di antine per mobili, ma invece di rivolgerci al produttore di cucine posso offrire il mio servizio al distributore locale, il negozio, che di solito offre anche una consulenza in fatto di progettazione e dunque è in grado di proporre al cliente finale anche soluzioni personalizzate. Lo stesso ragionamento può valere per le carte da parati, per la riqualificazione di ambienti con pellicole, per oggetti e complementi. E in questo caso non dovrei rinunciare alla mia consueta attività di stampa commerciale o promozionale, anzi potrebbe diventare un traino per sviluppare anche il mio business storico.
Tecnologia, materiali, inchiostri
Uno degli aspetti più evidenti del grande fermento attorno alla stampa industriale digitale è certamente lo sviluppo continuo dei sistemi e dei materiali necessari a soddisfare esigenze specifiche dei diversi settori. Un aspetto che mi ha particolarmente colpito della prima edizione di Inprint Italia era il numero di espositori di inchiostri, pari forse al 50% del totale. Questo ha un senso, soprattutto se poniamo l’accento su cosa la stampa industriale digitale deve fare: decorare superfici e materiali molto diversi fra loro, e l’affermazione che sentiamo spesso “con questa macchina posso stampare su tutto” risulta ancora più “inverosimile” per questo mondo. Ogni materiale infatti reagisce in modo diverso al tentativo di applicare un decoro attraverso un sistema inkjet. Certo anche nella visual communication esistono inchiostri e tecnologie adatte e specifiche ai diversi materiali, ma nel caso della stampa industriale questo concetto è quanto mai amplificato. Se devo stampare un vetro o un legno, un tessile o un metallo, non solo avrò bisogno di un sistema in grado di offrire produttività e qualità, ma soprattutto di inchiostri specifici in grado di durare nel tempo, valorizzare il materiale e garantire brillantezza. In effetti uno degli aspetti maggiormente oggetto di investimento da parte dei produttori di tecnologia è proprio lo sviluppo di sistemi in grado di potersi adattare in modo facile a diverse esigenze di stampa, da un lato con chimiche in grado di essere quanto più trasversali possibili, dall’altro con sistemi che possono ospitare o permettere la sostituzione di testine e inchiostri in tempi rapidissimi. In questo caso parliamo però di sistemi che non sono indirizzati all’industria: se produco box doccia, non mi serve un sistema in grado di stampare anche sul legno; sono soluzioni flessibili, che si adattano dunque più alle esigenze di un service di stampa.
Ad oggi l’industria sta seriamente valutando il passaggio al digitale, ma rimangono ancora molti dubbi, non tanto sulla qualità che inchiostri e tecnologia offrono, ma sul reale vantaggio che potrebbero offrire. Mi spiego meglio; quasi tutti i grandi produttori di tecnologie di stampa, così come quelli degli inchiostri, hanno instaurato rapporti diretti con produttori di tutti i settori per testare, sviluppare e dunque valutare il vantaggio produttivo di questa tecnologia. Molto spesso si arriva a definire un ambito specifico di utilizzo, per produrre prodotti di nicchia o per tirature limitate, ma mai (ad oggi) come processo produttivo realmente alternativo, e dunque in grado di sostituire, un sistema industriale. Nell’esempio che abbiamo proposto all’inizio della Jannelli&Volpi, il digitale ha trovato terreno fertile ed è divenuto realtà già vent’anni fa, ma solo come integrazione per rispondere a precise richieste del mercato e perchè alle spalle c’era una visione creativa che ha saputo coniugare esigenze produttive e design innovativo. Ma non ha certo sostituito la produzione tradizionale. Nel caso della ceramica, ad esempio, molte grandi industrie hanno adottato con successo il digitale per sviluppare collezioni basate sulla mass customization, ma non dimentichiamo che il mercato stesso è cambiato, le collezioni aumentate e gli stock diminuiti. In ogni modo il digitale ha avuto necessità di essere sviluppato in modo specifico, soprattutto per quanto riguarda gli inchiostri, che dovevano passare comunque dalla cottura del materiale.
Sempre in ambito fiera, abbiamo visto che diverse aziende stanno sviluppando prodotti per la stampa tridimensionale. Non ci riferiamo alla tecnologia di modellazione 3D, ma di creare effetti a rilievo su superfici piane che offrano un aspetto tattile più accattivante ai prodotti stampati. Possiamo ad esempio stampare una superficie liscia con un effetto legno riproducendone anche le venature e le imperfezioni, rendendolo più realistico e dunque più invitante per il cliente. Un processo che ha avuto un ampio sviluppo negli anni scorsi nel mondo delle pavimentazioni viniliche e nei laminati, ad esempio, che dovendo di fatto riprodurre imitazioni di altri materiali (non avendo una propria tradizione stilistica) avevano una necessità commerciale di differenziazione rispetto alla concorrenza e dunque sono stati sviluppati sistemi per rendere queste superfici quanto mai fedeli agli originali. Normalmente attraverso goffrature o applicazione di materiali resinosi. Oggi i sistemi digitali offrono anche questa possibilità, spessorando la superficie stampata in diversi passaggi e cercando di eliminare il classico effetto lucido che non piace molto a designer e architetti. A tal proposito, vale la pena fare una piccola digressione. Stiamo parlando di stampa digitale, e dunque di riprodurre un soggetto grafico che di fatto viene trattato come immagine. Che sia una venatura del legno, un pietra, o il nostro bimbo ritratto la prima volta che fa il bagnetto, sempre di immagine si tratta. E poter riprodurre fedelmente una superficie tridimensionale, richiede anche di poter disporre di un’immagine tridimensionale. Gli scanner di nuova generazione, in questo senso, offrono delle possibilità eccezionali per supplire a questa esigenza, andando a creare un file che può essere poi trattato e adattato alle specifiche esigenze di stampa, sia per una superficie 2D sia per una 3D, potendo anche variare lo spessore dell’elemento in rilievo e avendo quindi i parametri di luce e rifrazione variabili.
I settori
Dicevamo in precedenza che di fatto possiamo parlare di stampa digitale industriale un po’ in tutti i settori, dall’auto all’arredamento, dall’oggettistica all’abbigliamento.
In effetti, però, le maggiori possibilità di sviluppo, proprio in considerazione di quanto detto prima, sono nel tessile e nell’interior decoration.
Nel tessile, infatti, negli ultimi anni abbiamo visto un forte sviluppo tanto della tecnologia di stampa sia di inchiostri e supporti (per tessile si intende anche pelle, tnt e materiali innovativi), con possibilità di stampa diretta su una gamma sempre più alta di materiali (dalle fibre sintetiche a quelle naturali, fino alla seta e al cachemere), sia su telo che su capo finito. L’approccio iniziale è avvenuto prevalentemente per la realizzazione di campionari e capi da sfilata, ma oggi sono molte le stamperie specializzate che hanno integrato il digitale in processi tradizionali di decorazione (serigrafia e sublimazione) e produttivi. Il bacino del comasco, ad esempio, che vanta una tradizione tessile secolare, soprattutto nella seta e nel tessile d’arredamento, ha saputo reagire alla crisi del settore proprio grazie allo sviluppo di prodotti e di linee di produzione più flessibili e personalizzabili. Lo stesso vale per la pelle, per il settore delle calzature e della pelletteria, ad esempio, che ormai utilizzano sia sistemi di taglio che di stampa digitale.
Nel mondo dell’interior decoration, invece, il potenziale è ancora tutto da esplorare. Certo sono diversi anni che si parla di carte da parati digitali, e in ambito retail non mancano le realizzazioni di ambienti personalizzati e stampati in digitale (anche grazie alla sempre maggiore diffusione delle pellicole adesive), ma se si parla di stampa industriale siamo ancora in fase di sviluppo e sperimentazione. Sempre a Inprint, ad esempio, abbiamo visto aziende leader come Canon e Agfa proporre delle vere e proprie gallerie di applicazione, con ambienti interamente decorati in cui si utilizzavano diversi materiali, dal legno al linoleum, dalla carta alla plastica, dalle resine alle pietre, al metallo. Ambienti personalizzati, ma soprattutto decorati, perchè in fondo, se parliamo di stampa industriale (nel senso realizzata dall’industria), non si può parlare di personalizzazione, ma di decorazione. Almeno per ora.
Gc/ki6
L’introduzione della stampa digitale nei processi industriali contribuisce alla realizzazione di prodotti Just In Time e consente l’utilizzo di contenuti personalizzati e dati variabili, nel rispetto dell’ambiente.
– Daniele Vergani, Agfa Graphics –
Il nostro obiettivo è servire quei settori industriali che si stanno avvicinando al digitale e stanno cercando di prevederne l’evoluzione in quanto promettente tecnologia dominante. Potenzialmente tutti i settori potranno offrire questa prospettiva, siamo in una fase evolutiva.
– Alberto Maestri, Cefla –
Riteniamo che artigiani ed imprese siano dei players che devono, e dovranno (se vogliono sopravvivere) offrire valore aggiunto ad un processo funzionale come l’interior decoration dove chiaramente i protagonisti resteranno le figure di designer e progettisti.
– Daniele Gallucci, Elitron –
Qualsiasi elemento di arredo ha la potenzialità per essere valorizzato con le tecnologie digitali di stampa diretta. Per “valorizzato” non intendiamo semplicemente “stampato”, magari con una grafica che richiama la comunicazione commerciale.
– Walter Bano, Canon Italia –
Una delle nuove tendenze che stiamo osservando è la richiesta di nuovi look per lavatrici e altri elettrodomestici. Ciò si traduce nella necessità di realizzare una stampa esclusiva su ogni dispositivo. Non è possibile farlo con le tecnologie tradizionali ed è qui che entra in gioco la stampa inkjet in quadricromia.
– Mike Horsten, Mimaki –
L’interior decoration è sicuramente uno dei settori che si presta maggiormente ai nuovi sistemi di stampa. Dal wall paper alle piastrelle o pavimentazioni, marmi, mobili, tessuti, pelle sono tutti materiali che possono essere personalizzati, nobilitati da queste tecnologie tramite l’utilizzo di opportuni inchiostri, primer e supporti.
– Roberto Gambarotta, Fujifilm –