Ricerca, innovazione, contestualizzazione e originalità sono alla base del processo creativo dello Studio Marco Piva, una delle realtà italiane più apprezzate e attive in tutto il mondo
Continuiamo il nostro viaggio tra i progettisti incontrando Marco Piva, fondatore dell’omonimo studio e artefice di alcuni dei progetti più interessanti degli ultimi anni a livello internazionale.
Il progetto: come nasce l’idea e come il professionista può e riesce a trasferire una propria visione personale?
L’idea in genere nasce dalla contaminazione tra le esigenze ed aspettative del cliente da un lato, e le specificità proprie del progetto dall’altro, come la sua destinazione d’uso (hospitality, residenziale, privato, etc) e la realtà del luogo nel quale si inserisce. Il contesto, locale, sociale o culturale, è fondamentale: il luogo crea suggestioni e coinvolge, spesso fornendo l’idea su cui si basa tutta l’ipotesi progettuale. Un lavoro mai fine a sé stesso, l’insieme di tanti fattori che ci permettono di creare, insieme al cliente, un percorso unico.
Se molti progettisti hanno un codice che rimane sempre riconoscibile ovunque vanno ad operare, nel caso dello Studio Marco Piva la visione personale è andare ad interpretare e caratterizzare ulteriormente l’unicità di ogni singolo intervento, con cifre stilistiche che si identificano nell’utilizzo dei materiali che più ci appartengono, ma sempre saldamente ancorate alle necessità progettuali. Per esempio, lavoriamo moltissimo con il vetro, ci piace il tema delle trasparenze, delle riflessioni, dei giochi di luce, è una cifra stilistica che ci contraddistingue, che però cambia da progetto a progetto.
L’architettura: l’edificio è una scatola che deve contenere diversi aspetti. Quali? in che modo interagisce con il suo fruitore?
La correlazione tra architettura, il contenitore, e il suo contenuto, il design, è un tema che mi appassiona moltissimo: anche se su scale molto diverse, hanno moltissimi punti di contatto e similitudini. L’architettura, così come il prodotto, sono “oggetti” che si sviluppano con una precisa identità e devono rispondere a delle funzioni, attraverso la loro forma. Oggetti diversissimi, con approcci di progetto e scale enormemente diverse, che di fatto hanno delle similitudini importanti. Architettura, per me, è “sia interno che esterno”: un’architettura di carattere funzionale, pensata quasi “da dentro al fuori” più che dal “fuori a dentro”, quindi un rapporto tra contenitore e contenuto che per me deve essere fluido, organico, armonico, non mi piace fare architetture in cui dopo bisogna rifare un processo di progetto per andarne a risolvere gli interni. Amo l’idea di un’”Architettura degli interni” e quindi cerco di fare in modo che ci sia una coerenza e un’armonia nel passaggio di scala, tra il building e il suo interior, come ad esempio nella villa in costruzione a Beverly hills, in California, un esperimento progettuale con l’obiettivo di dialogare visivamente con i grattacieli di Downtown Los Angeles e con la zona litoranea di Venice e Malibù, e trasferire anche agli interni questa sensazione. La novità assoluta, per il mercato americano, è appunto che la villa è progettata, disegnata, realizzata ed arredata, non è “una scatola” dove mettere dentro cose successivamente, ma un prodotto chiavi in mano. Un progetto dove c’è tanta ricerca formale ma anche tecnica, dove sono i dettagli a fare la differenza: abbiamo cercato di comunicare un effetto, come dicono in America, WOW, attraverso una selezione di materiali raffinati ed effetti particolari, come la struttura nella hall di ingresso realizzata con prismi di legno segnati e disegnati dalla luce, televisori che scorrono fuori dalle pareti, la vasca scolpita nella pietra in bagno, la piattaforma per prendere le bottiglie nella wine cellar, il garage pensato per trasformarsi in spazio per eventi. L’architettura è fondamentale nella creazione dell’aspetto funzionale dell’interior, della divisione degli spazi, e gli spazi dell’interior devono potersi inserire nell’architettura: un continuo scambio tra e scale della progettazione, una specificità nel dna della progettazione italiana, in cui ci riconosciamo moltissimo.
Il design: cosa è il design, libero esercizio di stile o ricerca applicata a una funzione specifica?
Anche se la risposta corretta dovrebbe essere “ricerca applicata a una funzione specifica”, in realtà talvolta ci sono forme talmente forti e importanti che vincono sulla funzionalità stessa dell’oggetto, per cui sicuramente entrambe le definizioni sono corrette, anche se l’obiettivo di noi designer dovrebbe comunque sempre essere quello di creare oggetti esteticamente piacevoli, riconoscibili ma anche funzionali. Forma e funzione, questo è il binomio perfetto.
Quello che mi interessa del tema dell’industria del mobile oggi è quello di cercare di investigare come produrre configurando prodotti/oggetti che siano sempre più funzionali ma allo stesso tempo anche accattivanti e quindi dotati di una loro personalità. Oggetti che si allontanano dal concetto di “serie” e di meccanicità di produzione, ma che portano al loro interno qualità estetiche, e ovviamente prestazionali, che si possono articolare in varie configurazioni e che quindi possono sposare molto più efficacemente le attese dell’utente. Per me il tema è andare a creare degli scenari che sono legati a quelli che ritengo siano i trend di vita, vite che oggi sono dinamiche, con case sempre più aperte ma che allo stesso tempo devono consentire di avere degli spazi private e calmi. L’idea è quella di un lusso raffinato dato dallo stile e non dalla ostentazione.
Tutti i design che stiamo sviluppando, in particolare gli ultimi, per Rubelli, Kreoo e Visionnaire, sono in questa direzione, partono da una cultura del prodotto che ha una profondità e non ambisce solamente a mettere “qualcosa di nuovo” sul mercato.
I materiali: la scelta di materiali e finiture nasce da una ricerca che definisce un progetto o avviene per dare carattere e personalità agli ambienti?
In realtà entrambe le cose, noi abbiamo un’attenzione nostra, nel nostro DNA di Studio, per i materiali e le finiture (abbiamo una materioteca interna allo Studio, che viene costantemente aggiornata), ed è una ricerca che ci piace molto fare e che facciamo costantemente, un percorso “parallelo” dello Studio, sempre in evoluzione. Di sicuro l’aspetto della ricerca in questo senso è fondamentale, ed inoltre i materiali servono per dare ulteriore personalità e carattere agli ambienti: ci sono materiali che noi sentiamo più vicini, ma di volta in volta siamo pronti a sperimentarne di nuovi. Spesso ci piace lavorare con dei materiali che hanno già un disegno loro, come i marmi, o con texture e finiture che possono dare nuova vita a materiali “neutri”, come ad esempio il vetro.
Personalizzazione: quanto è importante per il progettista poter personalizzare materiali e oggetti e quali sono gli elementi più “facilmente” interpretabili?
Marco Piva – Io non credo che ci sia un’esigenza di personalizzazione “fine a se stessa”, è più un aspetto funzionale al progetto. Il tema di affrontare dei custom all’interno dei progetti è perché da una parte si ha la necessità di andare a disegnare degli elementi che ti servono per concludere e per enfatizzare al meglio il tuo progetto, e dall’altra perché rimangono delle carenze dal punto di vista del prodotto e del mercato, che vanno colmate. E’un’esigenza per rispondere al progetto, non una voglia di personalizzare a tutti i costi.
Marco Piva definisce il suo linguaggio emozionante, fluido e funzionale, firmando le proprie realizzazioni legate all’architettura, al product e all’interior design. Lo sforzo nella ricerca materica e tecnologica, il valore della differenziazione, l’innovazione progettuale sfociano nella fondazione dello Studio Marco Piva, la cui attività spazia dai grandi progetti architettonici alla progettazione d’interni, fino al disegno industriale. Viaggiatore prima ancora che progettista, studia e crea soluzioni progettuali intrise di libertà stilistica, gli oggetti si caricano di emozionalità e nuova simbologia, i colori contrastano ogni intellettualismo e rigidità. Ha realizzato numerosi progetti di architettura e interior design. In Giappone, a Osaka, ha partecipato alla progettazione e costruzione dell’innovativo complesso residenziale Next 21, negli Emirati Arabi Uniti a Dubai ha progettato i complessi alberghiero – residenziali Oceana e Tiara di Palm Jumeirah. Ha realizzato il Laguna Palace a Mestre, il Port Palace a Montecarlo, in Russia l’Hotel Mirage a Kazan, l’Una Hotel di Bologna, il T Hotel di Cagliari, il DoubleTree by Hilton a Mogliano Veneto, il complesso multifunzionale Le Terrazze a Treviso, premiato come una delle migliori architetture di recupero industriale. Recenti sviluppi sono il Centro Direzionale di Feng Tai a Pechino, il Centro Culturale di Yuhang, il Master Plan sul Dianshan Lake a Shanghai, le Ville private di Beverly Hills negli U.S.A e il prestigioso Excelsior Hotel Gallia a Milano che ha ricevuto ben 12 riconoscimenti internazionali di architettura e design. Ha disegnato inoltre il Concept delle vetrine Bulgari di tutto il mondo e le Lounges Casa Alitalia per Alitalia. Lo Studio Marco Piva è attualmente impegnato nella realizzazione di complessi residenziali e prestigiose residenze private in Cina, Stati Uniti, India, Montecarlo, Italia e Albania, oltre che sulla progettazione di complementi di design per le più importanti aziende del settore. Ville prestigiose sono attualmente in costruzione a Beverly Hills, Los Angeles.
Studio Marco Piva