Alessandra Micalizzi, psicologa e docente, ci illustra una visione diversa della definizione degli ambienti, nata da una ricerca e dalla volontà di Paolo Mari, amministratore di Forma Aquae

Bisogno, confort, benessere, sostenibilità, design. Tutti termini che definiscono il lavoro di progettazione di uno spazio abitativo, soprattutto dopo un periodo complesso e traumatico come quello che abbiamo vissuto negli ultimi due anni. E proprio questo periodo ci ha portato a una riscoperta di valori diversi, di emozioni e di bisogni che travalicano il puro senso estetico e la semplice funzione degli ambienti delle nostre abitazioni. Un approccio più psicologico, tantè che Paolo Mari, fondatore e amministratore di Forma Aquae, brand specializzato nell’ambiente bagno, ha voluto comprendere e trasferire in ambito progettuale. Ne è nata una ricerca, compiuta dalla psicologa Alessandra Micalizzi, ma soprattutto un nuovo approccio che l’azienda pone in tutte le sue ricerche, innovazione e proposta di prodotti. Abbiamo chiesto a Alessandra Micalizzi di raccontarci i presupposti di partenza di questa ricerca e come stanno cambiando le nostre case, i nostri ambienti e i nostri bisogni.

Allestire – Direi di partire proprio da come viene immaginato lo spazio abitativo…

Alessandra Micalizzi – Siamo abituati a concepire lo spazio abitativo come “immobile”, parola che utilizziamo proprio per definire la casa in gergo tecnico, e segna la casa nel suo essere statico, stabile nel tempo. In realtà la casa non è proprio così stabile nel tempo, perché non è fatta solo di mattoni ma dei contenuti che ci mettiamo dentro. Quindi quel suo essere immobile, forse più che in altri periodi storici, oggi è forse poco adeguato nel suo concepirlo immutabile. Una volta trovata la propria casa il modo di rinnovare l’ambiente in cui viviamo è sostanzialmente legato a ristrutturazioni, e quello che il Covid ha portato è un vero e proprio spartiacque nel modo di intendere la casa, un cambio di ere. Abbiamo imparato a vedere lo spazio abitativo in modo differente, che ci ha portato a cercare noi stessi. Abbiamo passato tanto tempo nelle nostre case, e questo ci ha spinto a interrogarci su come gli spazi che abitiamo ci rappresentano, cosa raccontano di noi.

Allestire – Questo input ha portato a realizzare una vera e propria ricerca con un target rappresentativo del consumatore italiano…

Alessandra Micalizzi – La ricerca che abbiamo svolto, su iniziativa di Paolo Mari di Forma Acquae, ha evidenziato come gli ambienti stanno cambiando: i grandi spazi aperti che tanto amavamo prima ora sono inadeguati a darci quel senso di confort, di sicurezza, di privacy, e questo deriva dall’aver dovuto vivere di più i nostri spazi, in condivisione con altre persone, con esigenze che non possono essere uguali. È nata la necessità di creare non solo degli spazi versatili, perché ci fai tante cose, ma che si prestano alla versatilità, quindi che in sé racchiudono più anime, sfruttando ad esempio gli angoli, che garantiscano la mobilità dei confini. Il lockdown ha portato a una rivisitazione del modo di concepire i confini dello spazio domestico, sia verso l’esterno che al suo interno. I cosiddetti spazi liminali come il balcone o il giardino sono stati riqualificati, divenendo a volte anche i punti di contatto con il mondo esteriore. Pensiamo ad esempio alla partecipazione a momenti collettivi che si è registrata sui balconi soprattutto al primo lockdown. Secondo me dobbiamo quindi re-immaginare il concetto di immobile proprio nella sua accezione semantica, e pensarlo in un modo che non sia solo di funzione ma di spazio vero e proprio.

Allestire – Forma Acquae che si occupa in particolare di ambiente bagno, con prodotti che vogliono superare questi limiti e immobilismo…

Alessandra Micalizzi – Una vasca in soggiorno… Credo che si tratti di una intuizione originale. Quando mi hanno accennato all’idea di far uscire la vasca dal suo luogo tradizionale, il bagno, inizialmente sono rimasta sorpresa. Il claim “la vasca è il nuovo divano” sembrava più una provocazione, un lancio di marketing, ma analizzando meglio il concetto è emerso che si tratta di una visione nuova della concezione dei nostri spazi, del bagno in particolare. Il bagno, la stanza da bagno, è cambiato: era una stanza di servizio, anzi il “servizio” per eccellenza, e nel tempo si è trasformato in un luogo dove succedono cose diverse, dove abbiamo riscoperto il corpo, il nostro rapporto con l’acqua, tornando in parte al periodo storico in cui i bagni erano luoghi di socialità, di relazione. È un cambiamento che trasforma la nostra percezione di questo locale, dove la vasca non è solo un oggetto in cui ti lavi ma assume connotati psicologici importanti. La stessa forma richiama alla protezione del grembo materno, è una culla che ci conforta, dove tramite il contatto con l’acqua abbiamo una purificazione, un rituale di benessere. In questo modo possiamo riscoprire un diverso modo di vedere questo ambiente, e il fatto che sia possibile aggiungere una personalizzazione ulteriore, tramite decori, colori e immagini, è un elemento ulteriore per riqualificare questo spazio e le sue funzioni di confort e benessere. Rimane comunque uno spazio intimo, personale, e di scoperta del sè, il luogo in cui più di ogni altro cerchiamo la nostra immagine e con essa ci confrontiamo.

Allestire – Una vasca diversa anche per quanto riguarda la personalizzazione, la possibilità di renderla unica. Non spaventa un po’ avere tante possibilità?

Alessandra Micalizzi – In effetti può spaventare. Le scelte per quanto riguarda l’interior vivono quasi sempre sul filo dell’equilibrio tra il voler trasferire la mia idea di casa, di ambiente, e forse senza riuscire neanche a spiegare cosa la mia immaginazione mi spinge a pensare, e la voglia di affidarsi completamente all’esperto, al designer o architetto che sia, a cui vorrei dare le chiavi e trovarmi poi magicamente nella casa dei miei sogni. È un equilibrio precario, fatto di vorrei, di fiducia, di trasferire un’idea precisa a chi è in grado poi di realizzarla, anche attraverso la lettura di indizi non espliciti e riconducibili più a desideri inespressi che a bisogni funzionali. È un rapporto di relazione, tra cliente e professionista, e come ogni relazione deve basarsi sulla fiducia. Non bisogna cercare nel cliente la risposta ma aiutare il cliente a individuare il vero bisogno. Un percorso che abbiamo sperimentato, proprio con Paolo Mari, è quello di affiancare lo psicologo all’interior, con l’obiettivo di individuare i bisogni reali del cliente, capire che persona è e in che modo vuole rapportarsi al suo spazio. Elementi che poi vengono trasferiti e negoziati con il tecnico, l’architetto, per renderle attuabili e quindi più aderenti alla persona.

Alessandra Micalizzi è psicologa e dottore di ricerca in comunicazione e nuove tecnologie. Insegna al SAE Institute; in precedenza, ha collaborato con diversi istituti universitari come lo IULM e accademici come lo IED di Milano, per il corso di interior design. Si occupa di alta formazione e ricerca in ambiti innovativi e multidisciplinari. Tra le sue recenti pubblicazioni vi è Psicologia Dell’Abitare. Marketing, Architettura e Neuroscienze per lo sviluppo di nuovi modelli abitativi, scritto in collaborazione con Tommaso Filighera ed edito da Franco Angeli.

formaaquae.it

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